ESCLUSIVA – Mimmo Carratelli: “ADL è cambiato, adesso con Conte c’è un nuovo ciclo ma vanno menzionati anche altri nomi”
Da Ferlaino a De Laurentiis, passando dalla carta stampata al nuovo giornalismo. Le parole di Mimmo Carratelli.
Mimmo Carratelli, noto giornalista, che ha collaborato tra i tanti con Il Roma, La Gazzetta dello Sport e Il Mattino, ha rilasciato un’intervista esclusiva ai microfoni de Ilnapolionline.com, ripercorrendo quelli che sono stati i cambiamenti e le evoluzioni sia della società azzurra che della figura del giornalista. Di seguito le sue dichiarazioni:
Dal 29 maggio è stato possibile trovare in edicola il suo nuovo volume “La Grande Bellezza”, all’interno del quale vengono ripercorsi tutti i successi del Napoli. Alle spalle di questi successi però ci sono gestioni diverse: la gestione Ferlaino e la gestione De Laurentiis. Secondo lei quali sono le maggiori differenze tra le due? “Sono differenze fondamentali perché non solo è cambiato il calcio ma anche il mondo. C’è una maniera nuova di vivere lo sport. Ai tempi di Ferlaino non c’erano i diritti televisivi, gli unici introiti per la società erano gli incassi al botteghino. Gli ingaggi dei giocatori erano altissimi, Ferlaino incassava uno e spendeva dieci e alla fine il Napoli è finito in fallimento.
La novità di De Laurentiis è che lui ha preso in effetti come si suol dire un pezzo di carta quando rilevò il Napoli pagando 32 milioni di euro. Ma non aveva né stadio, né magliette, né palloni, né giocatori. Il suo vantaggio però fu il fatto che prese una società senza debiti.
Io non ho mai capito, perché non sono uscito mai a parlare con calma con lui, qual è stato il suo calcolo di rischio nel prendersi una squadra di calcio. Mi meraviglia il suo interessamento per un mondo che lui non solo non aveva mai frequentato, ma di cui non si era mai interessato.
Poi negli anni lui ha imparato un po’ questo mondo, si è messo un po’ contro tutto il mondo del calcio, è stato in effetti un solitario. Lui si lamentava con le autorità calcistiche che il calcio in Italia rendeva poco e veniva venduto male all’estero.
Ha fatto la sua strada e in 21 anni è riuscito ad ottenere successi strabilianti. La cosa più strabiliante è che lui ha vinto due scudetti ma c’è un bilancio sano, non ha debiti, paga puntualmente giocatori e allenatori. È stato un imprenditore moderno. Con il vantaggio di non avere debiti all’inizio ha costruito un’impresa. Ci sono pochi esempi non solo in Italia ma in Europa. In Italia forse Lotito, ma è già in una situazione molto diversa”.
Nella “Grande Bellezza”, questo percorso tra i vari eventi viene raccontato anche attraverso quelli che sono stati i protagonisti. Restando fermi prima sul passato il primo protagonista che viene in mente è lui: Diego Armando Maradona. Qual è la prima sensazione, il primo ricordo che le viene in mente quando sente questo nome? “È un ricordo un po’ triste, perché quello che mi è rimasto nel cuore più che nella mente è stata l’ultima sera di Maradona a Napoli. Lui mi chiamò per salutarci, aveva una certa simpatia nei miei confronti, ci eravamo incontrati quattro/cinque volte al massimo. Lui sosteneva che quando c’erano dei contrasti tra lui e Ferlaino io prendevo sempre le sue parti (di Diego).
Fu una sera abbastanza triste perché lui se ne andava dopo la trappola dell’antidoping in cui era caduto. Devo confessare che non sono riuscito a trattenere le lacrime.
Gli ho detto: «Non mi interessa che tu sia il più forte di tutti i tempi. Mi interessa la tua vita drammatica. La seguirò fin quando tu vivrai, anche se adesso vai via da Napoli, perché sei un ragazzo generoso. Adesso stai pagando per le tue colpe, ma non hai mai fatto male a nessuno». Così ci siamo abbracciati e quell’abbraccio mi è rimasto molto nel cuore”.
Adesso torniamo al presente. Quali sono i protagonisti della storia recente del Napoli che secondo lei meritano una menzione speciale? “Innanzitutto Benitez perché fu l’allenatore che con il carisma e il nome che aveva riuscì a portare a Napoli giocatori di livello, come quelli che venivano dal Real Madrid, vedi Higuain e Callejon. Poi anche Mertens, Koulibaly. Il Napoli cambiò completamente volto con lui. Ha gettato le basi del Napoli di oggi, cioè un Napoli da vetrina internazionale.
Poi metterei anche Sarri, perché Sarri ci ha regalato una stagione di bel gioco, anche se poi viene ‘accusato’ di non aver vinto niente.
Infine credo che Conte sia un personaggio determinante. L’ultima genialata di De Laurentiis, che dopo essere affogato nell’annata post scudetto, con il suo atteggiamento sprezzante e un calciomercato devastante, è riuscito a riscattarsi.
Ha smussato gli angoli cattivi del suo carattere in questo rapporto con Conte. Basta vedere le sue ultime dichiarazioni dove elogia Conte e sottolinea che addirittura adesso farà tutto quello che il tecnico vorrà per rafforzare il Napoli. È un De Laurentiis diverso.
Adesso è iniziato un nuovo ciclo. È un ciclo di ottimismo, di rispetto dei ruoli e di entusiasmo. Con un clima sereno e di stima reciproca”.
Abbiamo parlato dei cambiamenti della gestione azzurra, ma in questi anni ciò che è cambiato è stato anche il calcio e con lui anche il modo di viverlo. Secondo lei quali sono stati invece i cambiamenti e/o le evoluzioni che ci ci sono stati nel modo di raccontarlo? “Io e quelli della mia generazione siamo riusciti a raccontarlo perché avevamo un contatto diretto, giornaliero, con giocatori, presidenti e tecnici. Per quanto riguarda il Napoli noi stavamo al San Paolo, come si chiamava una volta, ogni giorno durante gli allenamenti, eravamo negli spogliatoi.
Ricordo le figure incredibili che c’erano in quegli spogliatoi. Come un uomo di un’eleganza incredibile, che era un magazziniere, si chiamava Gaetano Masturzo, che ci offriva il caffè e poi si chiacchierava con Pesaola, con Vinicio.
Adesso questo rapporto è finito. Prima era romanticamente una bellissima famiglia, anche perché noi giornalisti eravamo più pochi rispetto ad oggi con le radio, le televisioni, internet. Non c’era da affrontare 50 giornalisti, eravamo tre, quattro, cinque al massimo.
Oltretutto oggi noi della carta stampata abbiamo uno svantaggio: i giocatori si concedono molto di più agli intervistatori televisivi.
È un mondo diverso che bisogna accettare perché è cambiato tutto. Spero che fra qualche anni al posto dei calciatori non ci siano dei robot perché allora sarebbe la fine”.
Abbiamo detto che nell’era moderna con l’avvento della tecnologia (siti, piattaforme online, programmi televisivi…) tutto è un po’ cambiato. Crede che questi strumenti abbiano portato ad una perdita delle peculiarità della professione del giornalista? “No, io ammiro moltissimo il coraggio dei miei colleghi giovani perché a parte che c’è difficoltà di trovare lavoro stabile nei giornali, poi i tempi sono velocissimi. Io e i miei colleghi al tempo non correvamo. Insomma avevamo molto tempo per curare la nostra preparazione professionale e la nostra scrittura.
Quindi è un mondo che è cambiato e che bisogna accettarlo. Ai colleghi giovani faccio tanti auguri perché veramente li ammiro. Adesso frequentare le squadre, le partite, le conferenze stampa affollatissime, telecamere, luci, ha bisogno di un buona predisposizione al sacrificio”.
Da veterano, quali consigli sentirebbe di dare ai giovani che vogliono approdare nel mondo del giornalismo?“Ai miei tempi erano facile consigliare per chi aveva più esperienza, perché i tempi erano lenti. Allora che cosa potevamo consigliare? Di avere pazienza. Pian piano ci si faceva conoscere e arrivava poi l’assunzione. Oggi entrare a far parte di un giornale è quasi impossibile, perché più che assumere licenziano
Nelle radio e nelle televisioni poi non so esattamente come vanno le cose. Vedo però che la maggior parte dei ragazzi, soprattutto nelle radio e nelle televisioni napoletane, lavorano con molto garbo, correttezza e passione.
Quindi ciò che potrei consigliare è di insistere. Insistere fino a quando è possibile”.
A cura di Simona Marra
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