Ho vissuto questa vittoria in modo anomalo: ho pubblicato anche una storia sui miei social sul tema. Per motivi di lavoro, mi trovavo a Torino durante le ultime due giornate di campionato. Ho deciso di vedere la penultima partita da sola, nella sala colazione dell’albergo, davanti alla tv, ma ho provato troppa solitudine e ho capito che non potevo ripetere lo stesso errore anche per l’ultima giornata: il calcio è aggregazione, unione, il tifo va vissuto insieme alla gente ed io ero già triste perché non ero né nella mia città né con la mia famiglia. Così, ho cercato chi trasmettesse la partita in città, ma tutti i pub a cui ho chiesto erano già pieni e non accettavano più prenotazioni. Senza demordere, mi sono presentata lo stesso fuori ad uno dei locali rintracciati, ho affrontato la lunga e sconfortante fila e sono riuscita ad accaparrarmi un posto a sedere ad un tavolo comune. È stata un’esperienza che non dimenticherò mai: non ero Serena l’attrice, ma una napoletana fuori sede che guarda la sua squadra insieme a degli altri sconosciuti con cui sono entrata subito in sintonia.
Da Torino ho esultato per il mio Napoli
Questo è stato lo scudetto più bello, perché è stato faticato fino all’ultimo. Il terzo è arrivato dopo anni, con lui ci siamo ripresi una cosa che non era stata nostra da tanto e che si era trasformata in un pensiero nostalgico legato a Maradona. Sembrava un sogno troppo lontano da raggiungere e ottenerlo è stato il risarcimento per i 33 anni di passione ed attesa dei napoletani. Ma il quarto è stato sudato fino alla fine tra adrenalina e panico, accaparrandocelo con le unghie e con i denti. Prima della partita, ho mandato un messaggio a Giovanni Di Lorenzo, che è un amico. Gli ho scritto: «Vedete che dovete fare stasera, io sono con voi». Lui mi ha risposto direttamente alle 5 del mattino: «È andata bene».
Fonte: Il Mattino