Uno scudetto costruito giornata dopo giornata, mattone dopo mattone. Al comando Antonio Conte, l’allenatore che ha rigirato la squadra come un calzino dopo il disastroso campionato 2023-24. Un tricolore che porta tante firme in calce, anche quella di Kvara, pur partito in inverno per Parigi.
9 Napoli

Puntava al ritorno in Europa dopo un anno di purgatorio. Cercava la qualificazione più nobile, ha dimostrato presto di poter puntare a ben altro, senza porsi limiti. Alternando prestazioni di dominio totale ad altre di pura sofferenza, perfettamente a immagine e somiglianza del suo condottiero in panchina. Stavolta la differenza l’ha fatta nei grandi appuntamenti, dove le gambe non hanno tremato. Sei punti contro il Milan, due pareggi contro la super Inter di Inzaghi, vittoria in rimonta sulla Juve. E unica big del torneo a uscire vittoriosa dalla difficile trasferta di Firenze. Ha vinto con la fame, più che con la qualità, da squadra che più di tutte ha passato le giornate al comando. Con pieno merito.
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Napoli è l’ultimo capolavoro di Conte. Anzi, il suo “prodigio”. Primo allenatore a vincere la Serie A su tre panchine diverse. Ed è un titolo che gli vale anche la personalissima “stella” per gli scudetti vinti. Dieci, equamente divisi tra il suo passato da giocatore della Juve e la carriera in panchina: tre titoli consecutivi in bianconero (dal 2012 al 2014), poi il tricolore con l’Inter (2020-21) e questa favolosa cavalcata in azzurro. Forse, davvero, l’impresa tra le imprese. Antonio ha dovuto ricostruire una cattedrale dalle macerie. E non era scontato riuscire al primo anno ad essere subito così competitivi. Ancor di meno arrivare fino in fondo, con una rosa che ha perso per strada pezzi fondamentali dell’era Spalletti (Osimhen e Zielinski in estate, Kvara a gennaio) e che nel 2025 è stata falcidiata degli infortuni. Lui, però, ci ha sempre creduto, nascosto dietro alla voglia di “dare fastidio”. Ma Antonio non gioca mai per partecipare, non corre per obiettivi parziali: lotta per vincere. E ha dimostrato di essere cresciuto, di essersi aggiornato. Il suo Napoli ha cambiato quattro sistemi di gioco, ma non ha mai perso la bussola. Ha lavorato due mesi in ritiro sul 3-4-2-1, ma il sistema base è stato il 4-3-3 dopo gli arrivi di McTominay e Lukaku. Conte ha trionfato shakerando i suoi punti di forza (difesa di ferro, cultura del lavoro, sacrificio e sudore) con le nuove idee. Palleggio, gestione, controllo, con ferocia e qualità.
8,5

Non è un portiere che ruba l’occhio per l’estetica, ma che affidabilità. Parate decisive in gare chiave come con Juve o Milan. Anche su questo scudetto ci sono le sue manone, come fu nell’anno d’oro con Spalletti. I critici si mettano il cuore in pace.
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Una gara, una soltanto, con Meret out all’ultimo per un attacco influenzale. La indirizza con un riflesso strepitoso al 90’ a dire di no alla capocciata di Holm. Quel punto contro il Bologna, alla lunga, pesa come un macigno su tutta la stagione.
7

Vice Meret fino a gennaio. Quattro presenze, il debutto da cuori forti in casa della Juve, uscendo dalla panchina e senza riscaldarsi: non ha tremato, anzi. E nelle restanti tre gare da titolare, due le ha chiuse con la porta inviolata. Con personalità.
8,5

Può un uomo solo cambiare il volto di una difesa? Evidentemente sì. Alessandro è stato il colpo dell’estate: muscoli, centimetri al servizio della squadra. E una nuova leadership. Con Conte ha raggiunto vette inesplorate. Spalletti ringrazia.
8

Come Maradona. Nel senso che festeggia il secondo scudetto a Napoli da capitano. Dopo un’estate tormentata, Di Lorenzo si è ripreso il suo posto nel cuore dei tifosi e da insostituibile in campo. Suo il primo gol dell’era Conte: a volte il destino…
8

Bat-Juan lo ha fatto ancora. Altro che alternativa, si è preso un ruolo centrale anche in questo scudetto, mettendo la sua esperienza al servizio dei compagni quando Buongiorno è finito a lungo ko. Ad averne di “riserve” così.
6,5

Era arrivato dal Real Madrid con tutt’altro tipo di aspettative. Tanto grandi che la Casa Blanca aveva preteso un diritto di “recompra” pluriennale. Qualcosa è andato storto: debutto in A solo a febbraio. E una sola da titolare, a Monza.
7

Un napoletano che ce l’ha fatta, onorando sempre la maglia. Stagione iniziata da titolare, poi ha pagato il passaggio al 4-3-3, senza mettere mai il broncio e dimostrandosi fondamentale nello spogliatoio. Uno di quelli che fanno felici ogni allenatore.
8

Terzino di contenimento, mezzala d’assalto, esterno a tutta fascia e poi chiusura da centrale difensivo. Mathy è stato un uomo chiave per equilibri di squadra, facendo da scudiero fidato prima di Kvara e poi di Neres. Rinnovo più che meritato.
8,5

La miglior stagione di sempre, specie per il coefficiente di difficoltà iniziale, dopo l’anno nero post scudetto. Conte lo ha soprannominato computer per la capacità di apprendere velocemente. Un muro dietro, un’alternativa in impostazione.
8

Riemerso a grandi livelli dopo qualche anno di sofferenza. Non siamo allo straripante esterno che dominò Euro 2020, ma ha dato l’impulso decisivo nel momento del bisogno. Dopo le difficoltà iniziali, nel 2025 è stato super protagonista.
9

Mai visto un Frank così, inarrestabile in ogni zona del campo. Conte lo ha convinto a buttarsi di più in area, per essere letale anche sotto porta. Risultato: record di gol in campionato, con dedica speciale per il suo piccolo amico Daniele che non c’è più.
7

Arrivato nell’anonimato, quasi di nascosto durante il mercato di gennaio. Zero notizie per un mese, poi debutta da titolare a Como e una settimana dopo firma il gol più importante del campionato. Senza l’1-1 con l’Inter, come sarebbe finita?
7,5

Doveva essere il vice Lobotka, ma in realtà il meglio di sé lo dà proprio accanto allo slovacco, quando Conte, causa emergenza, decide di affidarsi al doppio play. Billy balla sulle punte, macina chilometri, rende facili le situazioni complicate.
8,5

L’insostituibile per eccellenza, solito catalizzatore di palloni. Dirige nel traffico e in campo aperto, detta tempi di gioco e di pressione alta. C’è un Napoli con Lobo e uno senza, ora lo sa anche Conte. Impossibile farne a meno, sicuro non per scelta.
9

Una rivincita contro tutti. Critici e scettici. Dopo l’ennesima estate tormentata, in attesa di una nuova squadra. Per tornare re, Romelu ha dovuto nuovamente incrociare la sua carriera con quella di Antonio Conte, l’uomo che più di chiunque altro sa tirare fuori il meglio dal belga. Che non è più il centravanti devastante di un tempo, ma sa come essere ancora decisivo. E lo ha dimostrato. Secondo giocatore d’Europa ad arrivare in doppia doppia (gol più assist) dopo Momo Salah, in una stagione che lo ha visto superare 400 gol in carriera. Lukaku ha vinto da leader il suo secondo scudetto, e lo ha fatto in una città dove vincere non è proprio una cosa scontata. Si è nutrito della passione della gente, si immerso anima e corpo nella nuova realtà. Ricambiando chi ha creduto in lui. E nella sua voglia di riscatto.
10

Ricordate l’estate del 1986? Siamo quasi al “da che pianeta sei venuto?” di Maradoniana memoria. Certo, questa lunga stagione non era il mondiale e qui non è il Messico, ma Scott ha colonizzato l’Italia del pallone. L’ha fatta sua. Record di gol in un singolo campionato, per la prima volta in doppia cifra. Carismatico, fisicamente devastante, tatticamente fondamentale. E pensare che non aveva mai vinto un torneo nazionale in passato. È stato il colpo dell’estate, l’uomo che ha stravolto le gerarchie del campionato. A Manchester si chiedono come abbia fatto lo United a venderlo, a Napoli se lo godono. Maglie esaurite e incetta di soprannomi: McDomini, McTotally, McFratem. Ora, per la prima volta in carriera, finalmente McChampion.
7,5

Ha abbandonato la nave nel bel mezzo di un campionato che il Napoli stava quasi dominando. “Core ’ngrato” verrebbe da dire, e forse è così. Ma finché c’è stato – soprattutto con la testa – ha illuminato: 5 reti e 3 assist in 17 gare. Il titolo è anche suo.
8,5

Quando sin dal principio capisci di essere di fronte a un talento unico. Debutto con assist in 5’. Ha alleviato il dolore degli orfani di Kvara con tante magie e guidato la banda nella striscia delle 7 vittorie di fila. Limitato dagli infortuni, ma comunque decisivo.
6

Un anno e mezzo in azzurro, ma la scintilla non è ancora scattata. Forse perché davanti ha giocatori indispensabili come Politano, Neres e Kvara finché c’è stato, ma ci si aspettava di più. Di sicuro anche lui avrebbe voluto dare e fare di più.
6

Raccoglie lui l’eredità pesantissima lasciata dal vuoto di Kvara: era un piano C e alla fine tale rimane nella testa dell’allenatore. Quando ha avuto spazio, qualcosa ha fatto: palla gol meravigliosa a Venezia, divorata da Simeone.
8,5

Gol pesantissimi contro Atalanta e Milan, la solita quantità di dribbling e cross fondamentale per aprire le difese più chiuse. E poi quella nuova versione di sé che è manifesto contiano per eccellenza. Sacrificio inesauribile al servizio della squadra.
9

L’uomo in più. In tutto e per tutto. Sembrava fuori dal progetto a Natale, poi il gol da tre punti col Venezia e l’addio di Kvara gli hanno evitato il trasloco. Da febbraio in avanti è stato l’uomo del destino, tra gol in serie e quell’assist vitale contro il Monza.
6,5

Cambio d’oro con Spalletti, stavolta con Conte non riesce a incidere. Almeno non come avrebbe voluto, in termini realizzativi. Resta un esempio per lo spirito dimostrato in ogni apparizione, anche di pochi minuti. “Anema e core”, fino alla fine.
