Sacchi a Il Mattino: “Se il mio amico Conte vince lo scudetto compie un’impresa”
Arrigo Sacchi, ex allenatore, ha parlato in un’intervista a Il Mattino sull’ultima di campionato che decreterà la vittoria dello scudetto.
«Di preciso non lo so. Ma sono tantissimi. È un valore aggiunto come pochi. E di sicuro la classifica degli azzurri è merito suo. Vincere con il Cagliari sarà il tocco magico del suo cammino. Poi spero che decida di restare ancora nel Napoli, ma quello che conta è che qualsiasi decisione prenda, non gli faccia poi venire dei rimpianti nel futuro».
«Non è proprio così. La classifica fa sospirare: se vinci, ma non è facile perché vincere non lo è mai, non devi aspettare di conoscere il risultato dell’Inter che gioca a Como e con Fabregas non è semplice. È una finale, è una vigilia da grandi emozioni, consapevoli che poi non ci sono vie di fuga, altri paracaduti. Domani si decide ogni cosa. Ed è bello così: non sempre la vita dà un’altra possibilità. Il calcio, come dico sempre a mia moglie che ne sa poco di pallone, è proprio lo specchio della vita. Lavori tutta una stagione, notte e giorno, per arrivarti a giocare una partita di questo genere».
«I ragazzi hanno la fortuna di avere un grande professore: lo ascoltino. Non devono fare altro. Basta seguirlo, fare quello che dice sia giusto fare. E lui lo sa bene. Se pensano di avere già vinto lo scudetto, ci penserà Conte a portarli nella dimensione giusta: lui non gli permetterà di avvicinarsi a questa partita senza umiltà e modestia, con l’idea che gli avversari ti facciano un regalo».
«Quegli applausi interminabili dopo la vittoria del Milan mi commossero. E mi emoziona ancora il pensiero dell’educazione, della cultura sportiva che il pubblico napoletano dimostrò quel giorno. E tante altre volte. Un grande poeta marchigiano diceva che gli italiani “sono ignoranti, invidiosi e fanno solo campanilismi”. E invece non fu così. E allora spero che domani non vengano “traditi”: quel giorno Maradona perse 3-2 ma tutti gli azzurri in campo diedero tutto quello che avevano dentro. Solo che noi, eravamo più forti».
«La mia. Come quella di Conte. A Berlusconi dicevo: “Questo va bene, questo non va bene…”. Lui mi guardava perplesso. “Ma come, devo prendere Colombo che non gioca neppure nell’Udinese?”. E io dicevo, non si preoccupi e faccia fare a me. Ecco, con De Laurentiis penso che sia andata proprio così: in estate ha scelto uno a uno i suoi rinforzi e ha scelto persone generose, umili, intelligenti. La forza di questo Napoli è tutta qui: non ce ne sta uno che non sia andato al di sotto di quello che poteva dare. Se non oltre. Ed è una cosa emozionante».
«Sì, io lo facevo. Dormii prima della sfida del San Paolo e anche prima della finale di Coppa dei Campioni a Barcellona, l’anno dopo. E dormirà anche Antonio. E sa perché? Perché sa di avere degli uomini affidabili a sua disposizione. Magari non saranno tutti dei grandi campioni, ma sono persone che per arrivare a giocarsi lo scudetto l’ultima giornata hanno dato tutto loro stessi. Tutto. E non c’è nulla di più bello che lavorare con calciatori così».
«A un certo punto della stagione ha rinunciato a giocare al calcio, ha iniziato a mettere più difensori che attaccanti. A Inzaghi auguro di vincere la Champions, però deve smetterla di tornare al sistema italiano di una volta… il calcio è un gioco offensivo. Dove trionfa sempre chi ha delle idee».
«Ho perso il conto dei sistemi di gioco che ha cambiato. Si adatta, propone, sistema le cose, trova delle soluzioni ogni volta e prova a essere offensivo senza avere la rosa che hanno gli altri. Non solo l’Inter. Poi non sempre gli riesce. Ma a Napoli è in corso di realizzazione un capolavoro. Bellissimo perché inatteso, imprevedibile. Troppe erano le squadre che all’inizio sembravano migliori».
«Spero che Lukaku dia una mano più consistente. Con il Parma non è stato d’aiuto. Non credo che possano avere paura, Conte non glielo permetterà mai. Non vorrei passare un’altra serata di sofferenza come domenica scorsa…».
«Vincere soffrendo non è meno bello. Ha ragione Antonio: solo chi arriva primo, scrive il suo nome nella storia. E poi quella squadra aveva Osimhen, Kvaratskhelia, Kim, Zielinski: c’erano tantissimi campioni. Questa ha qualche signor nessuno di troppo. Ma Conte ha dimostrato che si può vincere con gli uomini, con le persone giuste. E non necessariamente con i calciatori più forti. In tanti erano degli sconosciuti prima di approdare al Napoli. Ora li vogliono tutti».
«Mi sarei arrabbiato e poi mi sarei rimboccato le maniche. Proprio come ha fatto Antonio. Al Milan lo scudetto lo abbiamo vinto con un certo Van Basten che per sette mesi era in infermieria. Quel che conta è la squadra: il nostro è un mondo dove le persone affidabili sono davvero poche. Se sei così in alto, come lo è il Napoli, vuole dire che lì ce ne sono tante. Altrimenti, con una squadra come quella non può essere a tre punti dallo scudetto».
«Il mio babbo è stato un eroe di guerra, aveva il compito di affondare le navi nemiche e doveva contare sull’appoggio degli altri piloti per non essere colpito. Giocò nella Spal e poi aprì due fabbriche di scarpe. E quando io iniziai la carriera da allenatore mi disse: “Ricordati, se non ti fanno assumere le persone che vuoi tu e che tu hai scelto, meglio che te ne vai”. Lui c’è riuscito con De Laurentiis. Ma è stata la mia forza, perché oltre ai titoli che ho conquistato, sono fiero anche del fatto che non sono mai stato esonerato nella mia carriera».
