Ciro Ferrara a Il Mattino: “In questo Napoli c’è il concetto di squadra al di sopra di tutto”

0

L’ex calciatore del Napoli, ed opinionista di DAZN, Ciro Ferrara, ha parlato in un’intervista a Il Mattino.

Factory della Comunicazione

La prima partita fu un segno del destino. «Sono passati quarant’anni dal quella domenica, 5 maggio 1985. Debuttai poco più che diciottenne nel Napoli e in serie A contro la Juventus, le uniche due squadre della mia carriera. Chi avrebbe mai potuto immaginarlo? Ho aperto e chiuso la mia storia calcistica al San Paolo, la gara d’addio l’ho giocata vent’anni fa a Fuorigrotta. E di fronte c’era sempre la Juve». Ciro Ferrara ha scelto un altro modo di vivere il calcio. Basta con la panchina, lasciata dopo un’esperienza alla Sampdoria e un’altra in Cina. È opinionista di Dazn, gira gli stadi e i salotti televisivi. «Continuo a frequentare il mio mondo con un pizzico di leggerezza. Ce n’è bisogno».
Perché?
«Perché vedo un ambiente molto teso. E allora io cerco di vivere tutto con un sorriso, come facevo da calciatore, anche quando avevo la fascia di capitano. E in certi momenti ne abbiamo passate di tutti i colori, non ci sono state soltanto le vittorie. La distensione serve. Questo è il mio carattere, questo è in generale lo spirito napoletano. Più che il calcio, mi manca lo spogliatoio e cerco di riproporre quelle dinamiche in tv».
Ha ritrovato in questa stagione uno dei suoi più cari ex compagni e un amico vero, Conte.
«L’ho intervistato spesso nei post partita. Ne riconosco perfettamente l’umore, capisco subito con che animo si presenta davanti ai microfoni alla fine di una partita. Mi permetto talvolta di dirgli di essere un po’ più disteso, magari fai un sorriso… Ma siamo diversi sul piano del carattere e il carattere è la sua forza. Chi lo prende sa quali sono i suoi pregi e i suoi difetti. Non è accondiscendente, ad esempio. E comunque un vincente è difficilmente simpatico».
Lei c’era il 18 agosto a Verona, quando il Napoli prese tre gol e Conte fu durissimo negli spogliatoi: attaccò i giocatori e sollecitò gli acquisti.
«C’ero, sì. E mai avrei immaginato di trovare il Napoli, a tre giornate dalla fine, in testa alla classifica, a giocarsi lo scudetto. Un miglioramento sì, era prevedibile. Ma trovarsi lassù… Quello sfogo di Antonio è stato utile: ha fatto capire ai calciatori cosa significa indossare la maglia del Napoli ed essere allenati da Conte. E poi sono arrivati i rinforzi. È cambiato un mondo rispetto alla domenica di Verona grazie allo straordinario lavoro dell’allenatore. A cui auguro, facendo gli scongiuri, di provare la gioia di uno scudetto a Napoli».
È diverso da quelli che avete vinto insieme alla Juve?
«Rispondo con le parole che mi disse Luca Vialli il giorno dopo lo scudetto del ‘95, al mio primo campionato a Torino. “Vedi, Ciro, tu hai vinto con il Napoli e io con la Samp: là è stata una soddisfazione, qui una liberazione”. Sono due modi di intendere il successo completamente differenti. Antonio ha conosciuto Napoli perché la vive tutti i giorni e immagina cosa significherebbe tagliare un traguardo del genere. Entrerebbe nella leggenda, siamo stati in pochi ad avere vinto qui».
Per il terzo scudetto non vi fu lotta con altre rivali, mai per un momento in discussione il successo di Spalletti. Adesso, invece, tre punti di differenza tra Napoli e Inter a tre giornate dalla fine: che succederà?
«È difficile isolarsi dal contesto, si avverte l’ansia dell’ambiente. Il finale di campionato per l’Inter è più complicato. Anzi, lo è diventato perché la squadra non è riuscita ad avere regolarità di rendimento quando era al comando. Anche il Napoli ha attraversato una fase di difficoltà lunga un mese e mezzo, non riuscendo a vincere. Ma ha saputo superare questa condizione psicologica e spinto sull’acceleratore. Antonio ha saputo gestire la situazione, ne è venuto fuori, come immaginava chi lo conosce bene. Gli infortuni, le squalifiche? Ci sono da una parte e dall’altra».
Due anni fa si stagliarono due figure su tutte: Osimhen, capocannoniere con 26 gol, e Kvara, straordinario alla prima stagione. Figure che in questo Napoli non ci sono.
«C’è il concetto di squadra al di sopra di tutto. I giocatori si sentono coinvolti, bravo Conte a farli rendere al massimo delle potenzialità. Ragazzi come Juan Jesus e Raspadori si sono fatti trovare pronti, prontissimi, quando chiamati in causa. In un gruppo è importante con quanta intensità ti alleni: perché se non giochi comunque permetti a chi va in campo di essere al massimo. Dunque, spicca molto di più il concetto di squadra, così come quello della variazione dei moduli. Ero a Torino, a fine settembre, quando Antonio schierò McTominay per la prima volta da titolare e passò al 4-3-3. Il Napoli può contare sulla migliore difesa nei campionati più importanti d’Europa, ciò in funzione non solo del lavoro dei giocatori del reparto ma di una fase difensiva fatta bene, a partire dal posizionamento delle punte».
Il presente da vivere intensamente, con un sogno che si può realizzare negli ultimi 270 minuti. E il futuro? Conte resta o va via?
«Una premessa: sono amico di Antonio ma non ho parlato di questo argomento con lui. Ho letto quelle sue dichiarazioni indirizzate a De Laurentiis sulle scelte di mercato ma sono convinto che resterà a Napoli. Però c’è una necessità».
Quale?
«Incontrarsi e parlarsi, chiarire alcuni aspetti con De Laurentiis. Considerando sempre e comunque il peso delle due personalità. Conte crede in questo progetto. Ha dato indicazioni e suggerimenti, si aspetta che le sue richieste siano recepite per andare avanti».
Vent’anni fa il suo addio al calcio, con il regalo di Maradona che tornò a Napoli per un abbraccio all’erede della fascia di capitano. E vent’anni dalla nascita della Fondazione Cannavaro-Ferrara per i ragazzi napoletani. Come nacque quell’idea?
«Quando Fabio venne a giocare nella Juve pensammo di restituire alla nostra città quello che ci aveva dato. Eravamo stati dei fortunati, giusto aiutare chi aveva bisogno, i giovani in particolare. Abbiamo coinvolto i nostri fratelli Vincenzo e Paolo in questa iniziativa e siamo orgogliosi di quanto siamo riusciti a fare in vent’anni. Abbiamo organizzato eventi bellissimi, non solo nel contesto sportivo, con l’aiuto di tante persone che hanno creduto in noi. La cosa più bella è stata aver ricevuto il ringraziamento da una persona con le lacrime agli occhi per aver salvato una vita».
Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.