De Laurentiis lo promise quando acquistò il Napoli, oltre vent’anni fa. «Riporterò in alto questa squadra». Era cominciata una nuova storia dopo il fallimento di agosto 2004, un’estate segnata anche dal paradossale ritiro precampionato di un presunto proprietario (Gaucci) e di calciatori fantasma. La scalata è partita nella primavera 2006, il 15 aprile, quando il Napoli costruito da Marino e allenato da Reja fece il salto dalla serie C alla serie B. Era la squadra dei due bomber, il palermitano Calaiò e l’argentino Sosa, che indossò la maglia numero 10 e fece il giro di campo con la t-shirt “Chi ama non dimentica”.
Il pensiero a Maradona quel giorno, come 18 anni dopo, quando Spalletti riportò lo scudetto qui. Il diagramma testimonia quanto il Napoli sia cresciuto in venti stagioni calcistiche, da quel pomeriggio del ritorno in serie B a questi giorni, con la squadra di Conte impegnata nel duello con l’Inter di Inzaghi per lo scudetto. Chi vince scrive la storia, ha ragione Antonio. Ma è già una vittoria aver superato il gap del valore delle rose e del monte ingaggi, così come essere passati in meno di un anno da 41 punti di svantaggio a 3 di vantaggio rispetto ai nerazzurri. Tutto ciò è stato possibile perché si è creato un asse che sta dando lezioni all’Italia calcistica, formato da De Laurentiis e Conte.
Prima del tecnico leccese ci sono state altre sagge guide sulla panchina del Napoli, allenatori che hanno favorito questa scalata. Qui paradossalmente non è riuscito ad ottenere risultati significativi chi ha vinto di più al mondo, Ancelotti detto Mister Champions perché ne ha conquistate ben cinque. Reja ha accompagnato De Laurentiis e la squadra nel tragitto dalla serie C alla serie A, perché 14 mesi dopo il salto in serie B vi fu il ritorno in quella categoria lasciata nel 2001, con la retrocessione all’ultima giornata. E poi Mazzarri, che ha lasciato un segno riportando il Napoli in Champions League (2011) e poi vincendo la Coppa Italia (2012). Era una squadra che aveva una difesa solidissima e giocatori di valore come Cavani, Lavezzi e Hamsik, che poi raccolse la fascia di capitano di Paolo Cannavaro. De Laurentiis ha praticato all’inizio la politica dei piccoli passi, ovvero dei cosiddetti investimenti prospettici: giovani come il Pocho e Marek, rivenduti dopo essere stati importanti pedine nel Napoli. Primo upgrade nel 2013 con Benitez, plurititolato tecnico spagnolo chiamato a sostituire Mazzarri, con due titoli vinti nel 2014 (Coppa Italia e Supercoppa) prima della separazione consumata perché il business plan concordato con il presidente – dal mercato alle infrastrutture – non era stato attuato. Con Rafa arrivarono Higuain (voluto da De Laurentiis), Reina, Callejon, Albiol, Mertens. Giocatori che avrebbero favorito il decollo della squadra di Sarri, che fu costretto a rinunciare al Pipita dopo lo straordinario campionato dei 36 gol. Fu ceduto alla Juve per 90 milioni, plusvalenza di quasi 50.
Fonte: Il Mattino
