Prima ancora di cominciare la conferenza di presentazione di Lecce-Napoli, una settimana dopo la decisione di tacere per onorare la memoria di Papa Francesco, il bus della squadra è già in pole. Pronto a partire: destinazione Capodichino, poi decollo per Brindisi e ultimo tratto ancora on the road verso il ritiro di Lecce. «Io sono leccese, sono diventato uomo a Lecce e i sentimenti che ho nei confronti di Lecce e dei leccesi non me li potrà cambiare mai niente e nessuno. Resterò sempre fedele al sentimento che mi lega a vita a questa città. Mamma e papà sono là, io ho casa.
Per me sarà sempre una partita diversa dalle altre». L’aspetto più bello dell’introduzione della delicatissima trasferta al Via del Mare non sta nei concetti dello scudetto, della gloria, dell’impresa: è nel lato umano di una partita che oggi si giocherà in un ambiente ferito al cuore dalla morte di Graziano che, guarda caso, è anche casa Conte. Sono cinque anni che il signor Antonio non sfida la squadra in cui è diventato un calciatore professionista: l’ultima con l’Inter, il 19 gennaio 2020. Scrive il Corriere dello Sport.
Oggi, invece, è primavera piena. Fa anche caldo e l’estate si avvicina: tutti pensieri positivi dopo l’ultima giornata di campionato, ma Conte non vuole assolutamente che sul pianeta azzurro si commettano peccati capitali. «Il mondo Napoli tutto deve capire che ogni componente sta dando qualcosa. È giusto sottolineare che abbiamo centrato il primo obiettivo, cioè la Champions, e che ora ci stiamo trovando a lottare per qualcosa di bellissimo e inaspettato.
Ma dobbiamo rimanere umili, compatti e con i piedi per terra. Due settimane fa eravamo a meno tre dall’Inter: questo deve far capire che non bisogna mai perdere l’umiltà». Poi, galanteria: «A proposito, complimenti a loro per come stanno rappresentando l’Italia e per quello che stanno facendo in Champions» .