Rudy Krol a Il Mattino: “La differenza la faranno i campioni, spero nel rientro di Buongiorno”

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L’ex calciatore del Napoli, Rudy Krol, ha parlato in un’intervista a Il Mattino, in cui fra le altre cose, ha commentato questo finale di campionato più acceso che mai fra Napoli e Inter.

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“«Serve la creatività dei calciatori di fantasia, ora non è il momento della tattica o di quelli che cercano il bel gioco. La differenza la faranno i campioni, spero nel rientro di Buongiorno per prima cosa. Perché conta vincere e basta». Rudy Krol, indimenticabile stella olandese, ha pochi dubbi: «Il Napoli può farcela, non ha le paure che abbiamo avuto noi nel 1981». Il pensiero va al fatal Perugia, ma anche ai duelli testa a testa con il Feyenoord. «Noi dell’Ajax? Ma noi eravamo una corazzata, non ci fermavamo mai». Krol sarà al Maradona domenica sera, per assistere alla gara con il Torino. E la settimana dopo ospite della famiglia Giugliano all’Ippodromo di Agnano per il Gran Premio Lotteria.

Krol, a 450’ alla fine ci può essere la sindrome del “braccino”?
«Chi non è abituato a vincere corre il rischio di ritrovarsi come sul ciglio di un precipizio: guarda giù, gli viene il mal di testa e rischia di cadere. Ma il Napoli ha Conte in panchina, ha tanti protagonisti dello scudetto vinto con Spalletti. E poi ha una testa più riposata».
Cosa vuol dire “riposata”?
«L’Inter dopo Bologna sta già pensando alla Coppa Italia e alla gara con il Milan. Il Napoli per due giorni è rimasto in famiglia, serenamente, staccando la spina. Non è questione di poco: ci si ricarica e poi si riparte con la mente sgombra da pressioni. Poi, chiaro, da sabato si pensa di nuovo solo allo scudetto».
Chi vince questo duello?
«Io penso il Napoli. Non solo perché quei quattro anni hanno cambiato la mia vita, ma soprattutto per una questione di fatica: l’Inter è stanca, nel secondo tempo di Bologna ha mostrato il vero volto di una squadra che avverte il peso di lottare per tre titoli e ha perso la lucidità. Non è semplice, e ora pagano il prezzo. E poi, arrivati a questo punto si fanno delle scelte, si fa una selezione».
Nel senso che ora la testa dei nerazzurri è alla sfida con il Barcellona?
«Certo, la Champions ora viene prima di ogni cosa. Se fosse arrivata l’Inter con tre-quattro punti da amministrare, sul Napoli sarebbe diverso. Ma ora in questo testa a testa, tutti penseranno a conservare energie per la gara dell’anno, quella con il Barcellona e le sue stelle Yamal, Raphinha, Pedri. C’è poco da fare, è una cosa umanissima. L’Inter, a corto di riserve, scegliendo la Champions rischia di trascurare il campionato».
Cose che succedono.
«Quando sai di non essere attrezzato, sì. Nel 1970, per esempio, il Feyenoord aveva da poco conquistato una storica finale in Coppa dei Campioni a Milano contro il Celtic Glasgow. A tre settimane dalla finale, la squadra di Happel aveva la possibilità di raggiungerci in classifica: a 20 minuti dalla fine, vincevano per 3-1 a casa nostra e sembrava avviata verso una vittoria cruciale. Ma all’improvviso a loro si spense la luce, si capì che iniziarono a pensare alla finale e con l’Ajax pareggiammo 3-3, chiudendo definitivamente i conti con il campionato».
Conte ha già chiesto garanzie per il futuro?
«Fa bene e anche farlo adesso non è un problema. La rosa è fatta di pochi calciatori, ne servono altri. Se lo dice, che male c’è?».
A cosa deve fare attenzione Conte e il Napoli?
«Nel 1981, a cinque giornate dalla fine del campionato, anche il mio Napoli era primo in classifica con Roma e Juventus. Tutti ricordano il gol di Turone e le polemiche giallorosse per il fuorigioco, ma lo scudetto era nelle nostre mani. Lo perdemmo in casa, contro il Perugia, che era praticamente retrocesso. Prendemmo un gol a inizio della gara, con un autogol di Ferrario e non fummo più capaci di recuperarlo. Era un Napoli diverso, però: in pochi avevano l’abitudine a vincere, non tutti erano allenati a conquistare trofei. Ci trovammo primi quasi per caso, questo Napoli ha un tecnico come Conte che a vincere ci ha fatto l’abitudine».
Domenica c’è il Torino.
«Ecco, le trappole. Il Torino non punta più a nulla, è salvo ed è lontano dalla qualificazione in Europa. Verrà al Maradona pensando solo a fare bella figura, a lasciare il segno in questa campionato. Una partita pericolosissima. Ma Conte lo sa».
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