In tutto sono una dozzina. Con alterne fortune, in epoche diverse e, naturalmente, in un calcio diverso. Ma con una sola e sana passione: il rettangolo verde, taccuino e schemi tra le mani (oltre a qualche sigaretta per molti ed a tante scaramanzie per quasi tutti), due porte ed un pallone che rotola, possibilmente tra i pali avversari. In pratica una squadra di calcio, compreso anche il tecnico ed eventualmente il suo “vice”. Anzi… i tecnici. La scuola napoletana di allenatori che si sono accomodati su una panchina di massima serie nel corso di oltre un secolo di calcio in Italia si fregia di nomi illustri, autentiche icone che hanno impresso il loro nome in un tempo in cui si giocava con le maglie di lana e senza parastinchi, fino ad arrivare ai giorni nostri, ai giovani emergenti che sono destinati a portare alto il movimento in cui spicca il nome di Maurizio Sarri come uno dei capostipite. Certamente il più vincente: protagonista e fautore sopratutto di un gran bel gioco.
SARRISMO
Il suo tridente, il suo 4-3-3, la difesa alta e sempre a zona hanno inciso e tanto nel calcio italiano a tal punto che è stato coniato il nome «sarrismo» per indicare il suo credo tattico. Il comandante a dire il vero è il «meno» napoletano della truppa – sebbene sia nato nella città di Partenope – in quanto è cresciuto e vissuto in Toscana, ma a Napoli ha lasciato il cuore (ed anche un mezzo scudetto rimasto in albergo proprio a… Firenze) e sotto sotto non ha mai nascosto il sogno di tornarci. Nel suo palmares spiccano uno scudetto conquistato con la Juventus di Cristiano Ronaldo (2019-‘20) ed una Europa League sollevata l’anno prima quando era sulla panchina del Chelsea. Sarri, dopo le dimissioni con la Lazio, si è preso un anno sabbatico ed è in attesa della giusta chiamata.
Ironia della sorte ci è mancato poco che proprio nella scorsa stagione non si eguagliasse il record di allenatori napoletani alla guida di squadre di massima serie. Ma le mancate conferme in panchina di Fabio Cannavaro (ad Udine) e Bocchetti al Verona (passato a dicembre scorso per una breve ed infruttuosa parentesi al Monza in questa stagione ancora in corso) hanno impedito che si toccasse quota «tre» (considerando Raffaele Palladino alla guida della Fiorentina), come invece era accaduto nella stagione 2012-13. In quell’anno, infatti, si ritrovarono contemporaneamente sulle panchine di serie A Ciro Ferrara (oggi voce e volto di Dazn), Vincenzo Montella e Giuseppe Sannino. Il primo, dopo i fasti da calciatore con il Napoli e la Juve, accettò di guidare la Samdporia neo promossa in A. L’aeroplanino invece (originario di Pomigliano d’Arco) si accomodò sulla panchina della Fiorentina, conquistando subito un quarto posto e centrando l’anno successivo la finale di coppa Italia persa proprio contro il Napoli di Benitez all’Olimpico (1-3 con doppietta di Insigne e sigillo di Mertens). Sannino invece – originario di Ottaviano, ma trapiantato a Torino fin da bambino – non riuscì a bissare a Palermo quanto di buono fatto la stagione precedente a Siena.
SECOLO SCORSO
Un capitolo a parte merita certamente Giovanni Galeone. Il suo nome è legato soprattutto al Pescara, ma le sue origini sono partenopee e – come per molti suoi colleghi – si è visto costretto a lasciare Napoli per ragioni di lavoro di suo padre (ingegnere che si trasferisce con tutta la famiglia a Trieste). Galeone ha anche allenato il Napoli (dopo l’addio di Mazzone 1997-98) in uno dei momenti più difficili della storia azzurra, venendo esonerato per essere sostituito da un altro napoletano: quel Vincenzo Montefusco che ha legato la sua carriera in azzurro e che ha sfiorato la coppa Italia (persa in finale con il Vicenza nel ‘97). Stessa sorte che era capitata 20 anni prima all’indimenticato Gianni Di Marzio, per due stagioni sulla panchina azzurra, costretto a cedere il passo in finale di Coppa Italia all’Inter di Bersellini (1978). Nell’album dei ricordi si sono meritati più di una fotografia Gennaro Rambone, Rosario Rivellino, Egidio Di Costanzo fino a Luigi De Manes. Nomi scolpiti nella storia del Napoli e della scuola napoletana.
Fonte: Il Mattino
