Cinque partite senza vittorie. Un record assoluto (in negativo) per Antonio Conte e le sue squadre in Europa. Ecco perché contro la Fiorentina serve la svolta.
Il cambio marcia. Per provare a spiegare a sé stessi che il sogno scudetto dipende solo dalle proprie mani, come lo stesso allenatore aveva certificato dopo l’Inter. «Sono stato chiaro con la squadra: nelle 11 partite giocherà chi merita. saranno 11 finali, 11 battaglie, ora non ci sono crediti» ha spiegato Conte in conferenza stampa. Mancano 24 ore alla sfida contro la Viola.
Dopo la sfida ai nerazzurri, cosa è cambiato? «Niente, cosa doveva cambiare? Ci siamo allenati come sempre, con la stessa voglia, determinazione, intensità. Le parole se le porta via il vento, qui servono i fatti. Ci siamo allenati nella giusta maniera provando a dare il massimo» ha continuato Conte «Avere ambizioni è giusto perché lavoriamo tanto. Aver fatto quella prestazione contro l’Inter – che è la squadra più forte – ci dà forza ma una settimana prima avevamo perso a Como. Non possiamo farci prendere dai risultati. Lo scudetto lo vincono le squadre regolari, non si va una settimana in paradiso e l’altra all’inferno».
E poi ancora: «Nell’ultimo mese abbiamo fatto fatica, ma fa parte del nostro percorso di questo campionato. Dobbiamo cercare di lavorare di più, recuperare gli infortunati, essere bravi a stringere i denti».
Che Fiorentina si aspetta Conte? «Una Fiorentina forte, che ha fatto un ottimo mercato a gennaio. Hanno battuto l’Inter 3-0 qualche settimana fa, ci darà del filo da torcere. Dobbiamo essere pronti, passeggiate di salute non ce ne saranno».
Bisogna ritrovare i gol delle punte e anche provare a puntellare una difesa che fino a 6 partite fa era stata quasi perfetta. «In squadra non abbiamo calciatori che storicamente hanno segnato tanto. I gol non possiamo inventarceli, possiamo lavorare singolarmente su ognuno di loro per migliorare»
ha spiegato Conte che anche domani si ritroverà un Maradona carico di passione e biglietti venduti «Ho sempre provato a vivere le città in cui ho lavorato. Se torno a casa continuo a lavorare. Ma anche noi allenatori dobbiamo staccare e vivere le città che ci circondano per capire l’ambiente e alcune dinamiche che poi finiscono anche in campo. Questa città offre veramente tanto. Cerco di sfruttare questa occasione e vivere Napoli con la mia famiglia. Stare a contatto con i napoletani ti fa capire tante sfaccettature che altrimenti non capirei».
Fonte: Il Mattino

