L’INTERVISTA – Carnevale a Il Mattino: “Conte è il Napoleone del Napoli. La sua voce è sempre più rassicurante”

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L’ex attaccante del Napoli, Andrea Carnevale, ha parlato in un’intervista a Il Mattino, in cui, tra le altre cose, sottolinea il momento del Napoli e l’importanza della partita di stasera contro la capolista Inter.

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L’Inter non gli è mai piaciuta troppo. Appena tre gol, che sono pochi pochi per uno come Andrea Carnevale, attaccante che ha fatto sognare i napoletani vincendo due scudetti e una coppa Uefa. Però Napoli-Inter di stasera gli fa sentire l’odore di una partita che conta. E lui le partite che contano non le sbagliava praticamente mai. Se le ricorda tutte. «Perché mi ricordo tutte le partite nelle quali ho fatto gol», ammette con una battuta.
Allora come vivrebbe l’attesa di questa partita?
«Avrei iniziato a pensarci molto tempo fa. Solo Maradona riusciva a entrare nel clima partita appena un attimo prima di mettere piede in campo: ma Diego era Diego, un campione senza precedenti. Io ci pensavo una settimana prima».

E lei a cosa pensava?
«A come fare gol. Nelle sfide contro il Milan pensavo a come superare Baresi o Costacurta. Mi sognavo i gol prima di scendere in campo. Con il Milan ci sono riuscito spesso come con quella doppietta segnata in casa. Durante la settimana mi allenavo per vincere quella partita lì».
Questo Napoli-Inter dove riporta la sua memoria?
«Penso a una partita scudetto e allora rivivo i Napoli-Milan dei miei anni. Ma anche il Napoli-Fiorentina del 1987 o la partita di coppa contro il Bayern. La differenza rispetto a quelle sfide è solo numerica».
Cosa intende?
«Noi giocavamo davanti a 100mila, oggi si gioca davanti a 55mila».
Ma anche stasera lo stadio sarà tutto esaurito…
«Il Maradona scotta. Il San Paolo era il San Paolo, ma oggi si chiama Maradona ed è diventato ancora più bollente con questo nome. Mi piacerebbe solo che fosse sistemato un po’ meglio. Visto da fuori sembra un vecchio tempio all’interno del quale combattevano i gladiatori. Servirebbe qualcosa di più moderno».
A proposito di gladiatori: il Napoli ha un condottiero come Conte.
«Beh, lui è il Napoleone del Napoli. La sua voce ultimamente è sempre più rassicurante. Anche davanti alle difficoltà il popolo sta seguendo il suo condottiero. Sono tutti con lui dal primo minuto. Percepisco la maturità della piazza: se Conte dice “siamo in difficoltà ma abbiamo un obiettivo” la città lo segue. Lui è un fuoriclasse».
Veniamo alla stretta attualità: lei che queste partite non le sbagliava, cosa direbbe a Lukaku?
«Innanzitutto spero che stia utilizzando la tecnica di Carnevale e stia preparando al meglio la sfida».
Il duello a distanza con Lautaro come lo vede?
«Lukaku non è più un ragazzino rispetto a Lautaro. Ma è ancora forte e integro. È essenziale per il Napoli perché fa giocare la squadra. Se avesse avuto l’età di Lautaro se lo sarebbe mangiato. Potenzialmente è un giocatore forte. Ha solo perso un po’ di smalto, ma anche io a 32 anni ero così. Tende ad essere più di raccordo ed attacca meno la profondità. È fisiologico».
Lo ha visto bene in coppia con Raspadori?
«Jack è perfetto per affiancarlo. Se c’è lui tutte le attenzioni non sono catalizzate su Lukaku. Raspadori lo aiuta e lo assiste. E poi, diciamoci la verità, io sono per il calcio di una volta».
E quale sarebbe?
«L’accoppiata Careca-Carnevale mi è sempre piaciuta. L’attacco con due attaccanti che si danno una mano. Ora, invece, la nuova tendenza è quella di una punta unica centrale. Nella coppia degli anni ‘80 io ero Raspadori, ma ogni tanto mi immedesimo anche in Lukaku e capisco che possa fare fatica».
Perché?
«Gioca un po’ troppo lontano dalla porta. Quando sta in mezzo all’area fa ancora male. Gli direi quello che a fine carriera dicevano a me gli allenatori: “Gira di più dentro casa tua che è l’area di rigore”».

Ma alla fine lo scudetto chi lo vince?
«Concordo con Conte, il Napoli è partito a bomba e questo era un po’ inaspettato dopo la rifondazione. Quello passato è stato un anno di grande delusione e sono rimasto anche io un po’ così per quei risultati. Poi è arrivato Conte e De Laurentiis è stato bravo a prenderlo. Se lo ingaggi, vuol dire ammettere di aver sbagliato e voler subito puntare in alto: Conte è una garanzia».
E l’Inter?
«È leggermente avvantaggiata anche psicologicamente, ma il Napoli non si deve deprimere. Come rosa i neroazzurri sono più forti e profondi. Diciamoci la verità, dall’inizio del campionato sono loro la squadra da battere. Ma il Napoli ha fatto una prima parte di stagione straordinaria, andando a una velocità unica. Insieme all’Inter sembravano infermabili, ma nell’ultimo mese hanno rallentato un po’».
Cosa manca a questo Napoli?
«Anguissa. Al netto delle tante defezioni, quella più pesante è la sua. Oggi mancherà il miglior giocatore della stagione. Anguissa è stato fondamentale fino ad ora, è stato il fulcro del gioco. Ho visto in lui una determinazione nuova e vincente. Sta rendendo anche meglio dell’anno dello scudetto secondo me».
Cosa si aspetta dalla partita?
«È una sfida che può dare coraggio. Se ci sarà una frenata non sarà facile per l’intero gruppo. È la partita più importante degli ultimi anni per Conte. Deve caricare questa squadra anche se inferiore a livello numerico rispetto all’Inter. Sa che può partire in svantaggio. Ma il Maradona può essere un vantaggio».
Dal campo alla scrivania: oggi Andrea Carnevale è anche uno scrittore perché presto in libreria si potrà trovare il suo libro “Andrea Carnevale tra vittorie e sconfitte una vita in salita” di Pierluigi Grande, la storia della sua vita non solo calcistica, passando dal dramma familiare di un padre che nel 1975 uccise sua madre lasciando orfani sette figli.
«Uscirà a fine mese e lo presenterò anche alla Camera dei deputati. Ma facciamo un salto indietro nel tempo. Nell’immaginario generale il 10 maggio 1987 è stato il giorno della grande gioia azzurra, mentre in me è scoppiata una grande emozione».

Ci dica.
«Era la liberazione di un bambino povero e orfano. Una parte di me che ho sempre tenuto chiusa a chiave nella cassaforte dell’intimo perché non volevo farmi compatire da nessuno. Quel 10 maggio 1987 è stata la risposta agli schiaffi di mia sorella che quando ero bambino mi diceva di andare a lavorare mentre io le rispondevo che sarei diventato un grande campione. È stata una sorta di terapia e un messaggio alle nuove generazioni».
E lei oggi diventato testimonial di “Telefono Donna Italia”.
«Ho visto sei mesi fa un padiglione pieno di donne nascoste perché a rischio femminicidio. A quel punto qualcosa è scattato in me e ho detto che dovevo scendere in campo perché le nuove generazioni sono deboli. La mia è una storia di sofferenza e maltrattamenti. A 64 anni mi rendo conto che ho il dovere di lasciare un’eredità. Anche i miei figli sono fragili»
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