La sfida del grande ex Marco Baroni: da eroe a “bestia nera” del Napoli

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HA BATTUTO CON LA LAZIO DUE VOLTE SU DUE IL NAPOLI. DECISE NEL ’90 IL SECONDO SCUDETTO
Il migliore anno della sua vita risale al secolo scorso. Stagione 1989-1990, Marco Baroni, difensore del Lecce che aveva tanti giovani di valore a partire da Antonio Conte, sbarca a Napoli. Due miliardi di lire e il cartellino del terzino Antonio Carannante, che aveva vinto pochi mesi prima la Coppa Uefa nella squadra di Diego Armando Maradona. «Toccai il cielo con un dito». Tante volte Marco, oggi tecnico della Lazio che ha sconfitto il Napoli dell’ex compagno in Coppa Italia e in campionato, ha raccontato i suoi 24 mesi in azzurro. Indimenticabili i primi dodici, accanto a Diego, che nella successiva stagione diventò l’ombra di se stesso e fu costretto a fuggire a Buenos Aires dopo la squalifica per doping. «Napoli? Il momento più bello della mia carriera, vissuto accanto a compagni che fecero sentire campione anche me».
IL GOL PER LA STORIA
Baroni, toscano silenzioso, entrò in uno spogliatoio di grandi personalità, da Diego a Careca. In panchina il giovane tecnico Bigon, assunto da Ferlaino su indicazione del dg Moggi per sostituire Bianchi, che dopo aver vinto la Coppa Uefa aveva deciso di lasciare una squadra forte ma attraversata da forti tensioni. Baroni, a 26 anni, si sentì subito un uomo fortunato. «Potevo allenarmi con Maradona e spesso essere suo avversario nelle partitine. Lo guardavo, emanava qualcosa di magico». Quando il suo Capitano morì, Marco ricordò il suo affetto per i compagni: «Diego donava attenzioni a tutti». E poi fu un assist di Maradona a fare entrare Baroni nella storia del Napoli. Ultima partita di campionato, azzurri lanciati verso il secondo scudetto dopo la vittoria in casa del Bologna. Quella domenica, 29 aprile del ‘90, Baroni decise la partita contro la Lazio e fece esplodere la festa scudetto. Al 7’ del primo tempo si alzò più in alto di tutti e deviò di testa in rete il pallone lanciato da Diego. «L’avevamo provata in allenamento, lui si era accorto del mio stacco». Nelle partite decisive per i trionfi – le finali del Mondiale e della Coppa Uefa, le gare degli scudetti – nei tabellini non c’è Maradona. Ma la sua leadership fu spesso decisiva, così come gli assist per i compagni. «Un vero amico per tutti». La storia napoletana di Baroni durò fino al ‘91: andò via dopo il campionato segnato dalla traumatica conclusione del rapporto con Diego.
LA MISSIONE
Attirato dal lavoro degli allenatori, Baroni aveva avuto – come Conte – il maestro Mazzone a Lecce. Conclusa la carriera, si è appassionato al mestiere. Lo ha fatto in tutte le categorie, anche a livello giovanile, vincendo tutto con la Primavera della Juventus. E nel 2017 ha scritto la storia del Benevento, portandolo per la prima volta in serie A: il rapporto con il club giallorosso si interruppe dopo nove sconfitte consecutive. Di quel Napoli che vinse lo scudetto nel ‘90 è rimasto l’unico a fare ancora questo mestiere (oltre a Fusi, che lavora nelle categorie inferiori). Diego era il tecnico del Gimnasia La Plata quando morì nel 2020. Ferrara ha lasciato anni fa dopo l’esperienza in Cina. Zola si è dedicato all’attività dirigenziale ed è vicepresidente della Lega Pro. Una vocazione e una crescita costanti, fino a una piazza importante come Roma. Baroni era stato accolto quasi con diffidenza nella scorsa estate, il fronte anti-Lotito aveva giudicato la sua assunzione per la Lazio come una scelta al risparmio. Ci ha messo poco a conquistare l’affetto del pubblico biancoceleste, portando la Lazio alla seconda fase di Europa League e in zona Champions, con l’attuale vantaggio di due lunghezze sulla Juventus. Si è tolto la soddisfazione di eliminare il Napoli di Conte dalla Coppa Italia e di batterlo in contropiede al Maradona. «Andremo ad affrontare i migliori, servirà una prestazione di altissimo livello» ha detto domenica scorsa dopo aver visto la Lazio darne 5 al Monza. Una sfida al Napoli non sarà mai come altre, a prescindere dalla classifica e dalla presenza sull’altra panchina di quel caro amico con cui a Lecce iniziò a sognare il grande calcio.

 

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Fonte: Il Mattino

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