Paolo Di Canio, stella del nostro calcio, e ora opinionista e presentatore a SkySport che a partire da questa mattina alle ore 10 sta seguendo il big match del Maradona, ha rilasciato un’intervista esclusiva a ‘Il Mattino’.
Ecco le sue parole:
«Anche io come Antonio presi il megafono a Formello per salutare i tifosi della Lazio: ma come si fa a restare indifferenti a tanto amore passionale e contagioso? Ti prende le viscere, fa venire i brividi sulla pelle: erano le 2 di notte ed era come se avessero vinto la Champions».
Che gara si aspetta stasera?
«Non vorrei che Conte riservasse una sorpresa: conoscendo a memoria le prestazioni della Juventus, si piazzasse in difesa a lasciare ai bianconeri il possesso. In realtà, non credo che lo farà. Ma in certi momenti della gara, potrebbe essere una strategia…».
Che Juventus si aspetta?
«Io ancora faccio fatica a intravedere la luce per Thiago Motta. Con Milan e Atalanta questo fiore che da tempo stentava a sbocciare, sembrava aver messo i primi petali, poi col Bruges ho capito che un petalo già si è congelato. Non è un caso: appena deve fare la Juventus la partita, non fa neppure mezzo tiro in porta, mentre se fa densità e poi riparte dà il meglio di sé. Per questo pensavo allo scherzetto di Conte, di mettersi lì e pazientare».
Ormai, però, il Napoli è diventata una squadra dominante?
«Vero, negli ultimi tempi prende possesso della metà campo avversaria, martella, ripiega, poi rimartella. Nessuno sa rimodulare le gare come gli azzurri, Conte ha messo nella testa dei suoi calciatori una idea di gioco da squadra che vuole sempre dominare, aggredire. Anguissa è tornato quello di Spalletti, anzi ha trovato anche disciplina».
Dice Conte, prima o poi perdono tutte.
«Vero, l’imbattibilità non esiste, da nessuna parte, Pure il City nei momenti in cui sembrava irraggiungibile perdeva in casa con il Crystal Palace. E poi non ha mai perso, ma era meglio se ne perdeva quattro o cinque gare e magari ne vinceva quattro o cinque, ora starebbe ancora in lotta per il titolo. Tutti questi pareggi non servono a niente. In più c’è l’aggravante».
Quale?
«È sempre stata ripresa, recuperata. Vuol dire che ha pure poca personalità, che manca il fuoco. Cosa che il Napoli ha sempre mostrato».
Il duello Conte-Thiago Motta?
«Tra uno che fino ad adesso non ha sbagliato una mossa in termini anche di comunicazione e un altro di cui condivido davvero poco».
Si riferisce a Motta?
«Ma certo. Se sei alla Juve non puoi dire che non hai l’ossessione alla vittoria. Ma che dici? Io quando sono arrivato settimo con i bianconeri, alla fine della stagione ci fu la rivoluzione: cacciarono tutti. Non vincere con la Juve è un’onta. Lui è lo specchio della sua squadra. Giuntoli glielo avrà detto: pure se le pensi, non le dire più certe cose».
E Antonio Conte?
«Non sbaglia un colpo. Dalle mie parti si dice: è un paraculo. Nel senso migliore del termine. Programma ogni sua parola, fa arrivare il messaggio giusto al momento giusto: lo ricordavo istintivo, ma non lo è più. Mai sentito attaccare il club. A me pare che in Europa solo Simeone con l’Atletico Madrid abbia lo stesso potere di controllo delle decisioni della società. Voglio McTominay e arriva McTominay. Voglio Lukaku e arriva lui. Sa bene che può riuscire in qualcosa di clamoroso e lo sta per fare con le sue armi. Ovvio, Inter permettendo».
E lei avrebbe lasciato partire Kvaratskhelia?
«Ma scherziamo? Non aveva più senso tenerlo. Conte ha fatto di tutto, ma io riconosco quando i calciatori fanno le cose con nervosismo e rabbia. Kvara si incaponiva, voleva dribblare ma per se stesso, come se fosse il suo spot. Non per la squadra. Non c’era condivisione del progetto dell’allenatore che si era speso con lui».
Meglio con Neres?
«Avevamo un dubbio: sarà continuo? Lo è. Ha più intuizioni, più giocate. Prende il pallone, punta l’avversario, pensa e guarda al compagno per prima cosa. Poi, ovvio, non lo trova e va per la giocata. Per me, lui, in un mese ha fatto meglio degli ultimi 5 mesi di Kvara. E comunque, a 80 milioni non si può mai dire di no».
Dove si decide il match?
«Nella cerniera di centrocampo, con Di Lorenzo che è uomo in più in mediana, con McTominay che fa da baluardo con la fisicità e la corsa, Lobotka vero metronomo e i bianconeri con Thuram, Locatelli a fare da scudo davanti alla difesa».
E per la lotta allo scudetto?
«Sono rimasti in due. Però se dopo l’Atalanta, batte pure la Juve, l’Inter come lo ferma più il Napoli?».
