Premier League e Serie A, due modi per dire NO alla guerra

Il mondo del calcio ha scelto come rispondere alla guerra in Ucraina

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In un momento storico particolare, dopo due anni di pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina ha stravolto tutto e portato a scelte difficili che hanno coinvolto anche il mondo del calcio. La Premier League è quella che più ha mostrato la sua solidarietà al popolo ucraino e lanciato un messaggio forte con Roman Abramovic, di nazionalità russa, costretto a mettere in vendita il Chelsea, con un ricavato destinato alle vittime della guerra, messaggi di solidarietà, bandiere gialle e blu mostrate dai tifosi nei vari stadi. La Serie A, invece, si è limitata a fare il compitino in un certo senso.  Il Messaggero ne scrive:

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“Da ricordare che in Premier un club come il Chelsea è di proprietà del magnate russo Roman Abramovich. La nostra serie A, che ha dato libertà alle società sulle iniziative, non è riuscita a togliersi dall’imbarazzo di dover gestire l’Inter, di proprietà cinese. Mentre il Milan (americano) ha indossato la maglia con la bandiera dell’Ucraina stampata sul petto durante il riscaldamento nel derby di Coppa Italia (1 marzo) e la Roma (sempre americana) aveva il patch a forma di cuore gialloblù nel match di campionato con l’Atalanta (5 marzo). Questo weekend anche Handanovic (insieme agli altri 19 capitani) indosserà la fascia con la scritta «No war». A sfondo bianco per chi avrà una maglia scura, a sfondo blu per chi avrà una casacca chiara (lo stesso packaging utilizzato per altre iniziative contro il razzismo e violenza sulle donne), ma sarebbe stata la Premier l’esempio da seguire”.

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